In quest’ultimo periodo ci sono dei concetti che stanno diventando una rarità come “posto di lavoro”, altri stanno scomparendo come “posto fisso” e altri ancora sono in via di estinzione come “lavoro dipendente”.
Contemporaneamente stanno nascendo concetti nuovi e in questo articolo voglio introdurre il concetto del lavoro intraprendente che ho scoperto tempo fa leggendo un bel libro di Walter Passerini.
Dal lavoro dipendente al lavoro intraprendente
Sul fronte dell’orientamento al lavoro l’esperienza di questi anni della piattaforma JobTrainer (campus, workshop, seminari formativi, incontri nelle scuole, sportelli di orientamento) mi ha restituito un quadro per cui la grande maggioranza dei giovani non ha un progetto professionale chiaro o “un sogno nel cassetto” oppure non sa riconoscerlo o tradurlo in pratica.
Una prima spiegazione può risiedere nel fatto che il modello di lavoro col quale sono cresciuti e si sono confrontati è esclusivamente quello proposto dalla scuola e delle famiglie di origine: in un contesto in cui la domanda di lavoro era superiore all’offerta, con un colloquio o un concorso si accedeva ad un posto che avrebbe rappresentato una sicurezza per tutta la vita, fino alla pensione.
Questo modello “garantista” è in declino da 15 anni ed è tramontato cinque anni fa.
Per il mondo del lavoro di oggi le pagelle coi voti hanno un peso relativo: quello che conta nel contesto professionale sono le doti di leadership, l’entusiasmo, lo spirito di gruppo
Una seconda spiegazione sta nell’eccessivo valore che ancora si attribuisce al titolo di studio, rispetto a quello che si sa concretamente fare o a ciò che si desidera fare o a ciò che il mondo del lavoro realmente si aspetta. A riguardo vi consiglio di approfondire questo tema sul mio articolo I sette motivi per cui genitori e ragazzi si domandano: “serve ancora studiare?”
Per il mondo del lavoro di oggi le pagelle coi voti hanno un peso relativo: quello che conta nel contesto professionale sono le doti di leadership, l’entusiasmo, lo spirito di gruppo, la flessibilità e la capacità di coinvolgere gli altri, tutti aspetti che restano esclusi dalle pagelle che conosciamo.
Tutto questo comporta il rischio che al termine degli studi si affronti il lavoro con una logica attendista e recriminatoria, oppure non disponendo di una griglia di lettura delle proprie capacità né del mondo del lavoro, non si può fare altro che mettersi nelle mani degli altri.
In sintesi possiamo affermare che si va sempre più verso la costruzione individuale della propria professionalità anziché verso la classica copertura di un posto fisso con mansioni rigorosamente definite da qualcun altro.
Il paradigma dei percorsi lineari (es. ho studiato ingegneria e farò l’ingegnere, ho studiato giurisprudenza farò l’avvocato, ho fatto economia e lavorerò in banca…) termina per lasciare lo spazio a chi ha flessibilità e apertura mentale per diventare attore, interprete originale di un ruolo e non più soltanto replicatore di un lavoro.
Si chiamano competenze imprenditive e trovano tanto più spazio quanto più sono fondate sulla consapevolezza delle proprie capacità, passioni, attitudini e talenti.
Vanno in questa direzione le parole della ex rettrice dell’Ateneo trentino Daria De Pretis, che in una intervista ha sostenuto “non è possibile immaginare prima cosa vorrà il mercato del lavoro. Il nostro compito è quello di far si che gli studenti che si laureano siano capaci di cogliere le opportunità e di adattarsi ai cambiamenti”.
Ricomincio da me: imprenditività. Conclusioni
Il tema dell’ingresso nel mondo del lavoro quindi non riguarda più soltanto le competenze tecniche e le conoscenze teoriche, che ci offrono una base solida “verticale” ma per questo anche rigida di fronte ai continui cambiamenti del mercato del lavoro.
Sempre di più conta l’«imprenditività» che non significa strettamente imprenditorialità, bensì è uno stile di vita pro attivo, alla ricerca, è la capacità e soprattutto la volontà di muoversi in prima persona, lanciarsi, esplorare, prendersi rischi senza adagiarsi o aspettare che le cose arrivino da sole.
E’ uno stile di vita volto a cogliere le opportunità e non a subire passivamente gli eventi. E il modo più efficace e produttivo è quello di lasciarsi guidare dalle proprie passioni e attitudini.
L’entusiasmo permette di mettere rispetto agli altri quel qualcosa in più nelle cose che si fanno, di continuare ad apprendere per migliorarsi costantemente lungo tutta la vita, di avere un valore aggiunto da spendere nel mondo (e nel mondo del lavoro). (Walter Cis)